sabato 25 aprile 2009

Citizen journalism Ureport

Nel mio primo post ho accennato al fenomeno del "personal journalism" e alle innumerevoli possibilità di pubblicare i propri video e diffondere le notizie. Ed ecco che due Grandi del panorama dei media si muovono in questa direzione. Da una parte abbiamo Fox News Channel, un canale di notizie tra i più popolari negli Stati Uniti, creato da Murdoch. Dall'altra, c'è Myspace (di proprietà Murdoch dal 2005), popolare social network che sta subendo la concorrenza di Facebook.

La nuova piattaforma che si intende lanciare sul social network sarà esclusivamente dedicata al giornalismo. Il servizio che si chiamerà Ureport, nasce per raccogliere i migliori contenuti realizzati dagli utenti che avranno la possibilità di essere poi riportati sul canale televisivo e Web di Fox News Channel.

Il nuovo servizio è accessibile direttamente all'indirizzo web www.myspace.com/ureport

La diffusione dei video sul web è incontrollata; spesso si tratta di pezzi unici nel loro valore, perchè la copertura mediatica del mondo non sarà mai capillare quanto la presenza fisica di persone che, pur non essendo giornalisti, documentano la realtà. Il progetto Ureport, grazie al controllo e alla selezione del materiale, sembra un buon metodo per dare visibilità a quello che d'importante si può perdere. Che ne pensate?

(Fonte: http://quomedia.diesis.it)

Qualcosa su cui riflettere

Non è passato indenne dalla prima proiezione su Sky, e non si è guadagnato la replica, il lungometraggio del regista Berardo Carboni "Shooting Silvio". Il film era già stato mandato in onda, in prime time, la sera di Pasquetta ed aveva suscitato diverse proteste, prima fra tutte quelle del Pdl che lo ha definito "un inno alla violenza".

Il film, per chi ancora non lo conoscesse, racconta l'esperienza del giovane Kurtz che tenta di escogitare un modo per annientare lo strapotere di Silvio Berlusconi, colpevole, secondo lui, di aver portato in Italia la decadenza dei costumi e il consumismo volgare delle pubblicità. Kurtz prende la drastica decisione di compiere un attentato. E' sicuramente un esperimento anomalo nel panorama culturale italiano, privo di sbavature retoriche, un film che non cerca né odio né vendetta. Tra le decine di tentativi di trasporre sullo schermo il disagio di questi anni, il lavoro del regista romano (sua opera prima) non sfigura e regala comunque la visione di un buon cinema. Ma la qualità in questo caso pare non conti niente.

Nessuno, il regista per primo, ha pronunciato la fatidica parola "censura", ma data la cancellazione del film, tanto tempestiva da non aver lasciato il tempo di modificare la descrizione di ciò che andava in onda, è difficile pensare a qualcosa di diverso. Carboni ha detto sull'accaduto: "non è una censura perchè è una scelta libera di Sky, ma è il segno di un potere immanente. Sono allibito e preoccupato se questo potere tocca anche Sky che è stata l'unica tv che negli ultimi anni ha dato visibilità a registi giovani e indipendenti e, insieme al Ministero della Cultura, ha di fatto consentito la sopravvivenza del cinema giovane". Perfettamente d'accordo: non ci si aspetterebbe certo questo di atteggiamento da Sky che ha assunto, nell'ultimo decennio, un ruolo di innovazione e di sprovincializzazione del panorama televisivo italiano. E, soprattutto, un carattere apolitico rispetto ai canali della tv generalista.
Carboni conclude con un interrogativo che dovrebbe invitare a riflettere: "il film è stato bloccato non per quello di cui tratta, ma perchè non era opportuno mandarlo in onda in questi momenti delicati dopo il terremoto in Abruzzo. Ma io mi chiedo: in un paese in cui vanno in onda solo reality e spazzatura come "La Fattoria" che non aiutano certo a pensare ma educano una generazione di tronisti, è di cattivo gusto solo un film come il mio che invece invita alla riflessione?".

Il giornalista on line

Viviamo in un'epoca in cui la disponibilità di informazione ha raggiunto delle dimensioni senza precedenti. Basti pensare all'enorme diffusione della tecnologia domestica che permette a chiunque di pubblicare ciò che ha catturato, tanto che ormai si parla di "reporter diffuso" o di "personal journalism". Con tutta questa abbondanza è lecito domandarsi: c'è ancora bisogno dei giornalisti?

Lo sviluppo tecnologico digitale della società ha portato ad un forte ridimensionamento del ruolo della professione giornalistica. La cura non si trova in un ottuso scetticismo nei confronti delle novità, ma in una ridefinizione del ruolo stesso. Il compito primo del professionista dell'informazione dovrà allora essere quello di filtrare le notizie: la funzione di gatekeeper ha più che mai una ragione d'esistere in un contesto caratterizzato da un sovraccarico dell'informazione. Cosa accadrebbe se le notizie non venissero valutate, verificate e decifrate da un professionista? Lo scadimento della qualità dell'informazione sarebbe inevitabile. Al centro della nuova attività del giornalista acquistano maggiore importanza i valori dell'analisi, della selezione e del controllo.

Altro elemento rispetto al quale il giornalista deve ripensare il proprio modo di operare è la velocità, arma a doppio taglio del media Internet. L'obiettivo dovrebbe ragionevolmente essere quello di raggiungere un equilibrio tra il desiderio dei lettori di informazioni aggiornate minuto per minuto e il rispetto dei requisiti fondamentali di equità, completezza e accuratezza dell'informazione.

Solo prendendo coscienza del fatto che al mezzo diverso deve corrispondere un diverso trattamento dell'informazione, il giornalismo potrà operare felicemente la sua transizione sul media Internet senza trascurarne le potenzialità.